La corsa in salita costituisce un mezzo d’allenamento classico, largamente utilizzato nel mondo sportivo. Le salite in effetti sono estremamente utili per il miglioramento sia delle capacità di forza che di quelle della resistenza organica; per questo motivo, seppur con diverse modalità esecutive e programmatiche, trovano una loro ampia collocazione in discipline che spaziano dall’atletica, al tennis al calcio ecc; di conseguenza, in funzione della loro modalità esecutiva, possono essere annoverate nell’ambito dell’allenamento della resistenza (organica e speciale), della forza (forza esplosiva) e della velocità.LA RESISTENZA SPECIALE
“ E’ la capacità fisiologica che permette la realizzazione di abilità tecniche ad alta velocità per l’intera performance” (Bosco 1997).
La corsa in salita si è dimostrata particolarmente efficace per l’allenamento della resistenza speciale. Come dimostrano le ricerche di Keul (1975) e di Nurmekiwi (1975), in questa forma di allenamento, viene sollecitato in forma particolarmente intensiva il metabolismo dei carboidrati e, perciò, su una distanza di 150 mt ( ed elevate intensità di lavoro) si ha una salita più elevata dell’acido lattico e, quindi, un grado di acidosi ematica maggiore che in una corsa sui 400 mt.
LA FORZA ESPLOSIVA
“La forza esplosiva comprende la capacità del sistema neuro-muscolare di muovere il corpo e le sue parti oppure oggetti alla massima velocità possibile” (Weineck J. 2001).
Con gli sprint in salita è dunque possibile allenare la forza esplosiva, cioè quella forza specifica che serve all’ atleta per compiere uno scatto**. Per allenare tale tipologia di forza è necessario che la salita presenti determinate caratteristiche: pendenza adeguata ( 10 – 15% ), distanza massima di 20 mt, tempo di lavoro tra i 2” e i 4” e soprattutto intensità massimale (che corrisponde alla prestazione in salita 1” più piano rispetto alla stessa prestazione su stessa distanza in piano ) per il reclutamento delle fibre veloci.
In questa metodica dell’ allenamento naturalmente ci sono dei principi a cui attenersi, in quanto l’atleta sottoposto a tale lavoro per incrementare la forza esplosiva, avrà bisogno di recuperi completi tra le varie ripetizioni in modo tale che lo sprint successivo risulti essere veloce ed efficace come il precedente, altrimenti non andremmo più ad intaccare le riserve energetiche indispensabili a fornire tanta energia in poco tempo (CP e glucosio) presupposto fondamentale delle esercitazioni sulla forza.
Studi fatti dal Prof. Gian Nicola Bisciotti, tra l’altro ribadiscono come la pendenza delle salite incida sulla potenza espressa dall’ atleta al momento dello sprint:
Studio condotto presso il Laboratorio “Entrainement et performance” dell’ Università di Lione.
E’ visibile come la potenza media aumenti in funzione dell’incremento della percentuale della salita fino a raggiungere un massimo ad una pendenza pari al 26% e in seguito decresca
In questo studio infatti è emerso che il massimo sviluppo di potenza nel corso di uno sprint effettuato in salita si registri quando la percentuale sale fino al 26%; quindi tecnicamente sarebbe la pendenza ideale se non fosse che a tali pendenze la meccanica della corsa durante lo sprint si modifichi notevolmente. Da tutto ciò si evince quindi che la pendenza ideale per allenare la forza esplosiva con gli sprint in salita sia il giusto compromesso tra potenza espressa e correttezza della meccanica della corsa.
**durante lo scatto l’atleta impiega due tipi di forza: la forza iniziale e quella d’accelerazione.
LA POTENZA AEROBICA
“La massima potenza aerobica è la quantità massima di O2 che viene utilizzata in valori massimali” (Di Prampero ).
In particolari periodi della stagione, come durante la preparazione, le ripetute in salita (RS) trovano un loro razionale utilizzo tra i mezzi adottabili per l’incremento della potenza aerobica. In particolare permettono di porre l’accento, oltre che sul meccanismo centrale adattativo per l’incremento della potenza aerobica, anche su quello periferico costituito dall’incremento della forza resistente della muscolatura degli arti inferiori. Per poter pianificare una seduta di allenamento basata sulle RS occorre fare riferimento ai tempi adottati sulle stesse distanze, ma effettuate in piano.
PERCENTUALE DI PENDENZA E RELATIVO INDICE
Pendenza delle salite
Indice di pendenza
5% – 1,1
6% – 1,2
7% – 1,3
8% – 1,4
10% – 1,5
12% – 1,6
14% – 1,8
16% – 2,0
18% – 2,5
20% – 3,0
Per far sì quindi che ci sia correlazione tra il dispendio energetico della corsa in salita con quella in piano bisogna seguire le indicazioni dell’indice di pendenza (IP) come riportato nella tabella qui accanto ( Prof. Bisciotti).
Così, ad esempio, è facile “calcolare” come una ripetuta sui 1000 metri su una pendenza del 10% equivalga a correre 1500 mt in piano.
1000 mt (distanza da fare in salita) x 1,5 (IP) = 1500 mt (distanza da fare in piano
Passando alla problematica inerente il tempo necessario per percorrere una determinata distanza dobbiamo rifarci sempre all’ IP; se per fare una ripetuta sui 1000 mt ( in piano ) impiego un tempo di 4’ ( quindi corro ad una velocità di 15 km/h), e voglio riportare tale lavoro su una salita sempre del 10%, il tempo che dovrò impiegare per coprire tale distanza sarà di 6’. Poiché:
15 km/h ( velocità della ripetuta in piano) : 1,5 (IP) = 10 km/h (ossia 6’)
Nel caso quindi di una seduta rivolta al miglioramento della potenza aerobica nella quale il carico oscillerà tra i 5000 mt e i 6000 mt si deve tener conto che per arrivare a completare il carico di lavoro della seduta si potrà scegliere di svolgere tra 6 ripetute da 1000 mt in piano da fare in 4’ ( in questo caso ) o 4 ripetute, sempre da 1000 mt, su una salita del 10% da compiere in 6’ ( sempre in questo caso).
Naturalmente trattandosi di una seduta di potenza aerobica nella quale le frequenze cardiache devono assestarsi tra l’ 85% e il 95% della frequenza cardiaca massima di ogni atleta, il recupero dovrà essere programmato individualmente per ogni soggetto con ripartenza dello stesso quando la frequenza cardiaca avrà raggiunto valori dell’ 65% circa.
LA VELOCITA’
“La velocità è una qualità molto complessa, alla quale appartengono non soltanto la capacità di agire e reagire rapidamente, ma anche la partenza e la corsa veloce, lo scatto e lo stop” (Weineck J. 2001).
L’allenamento rivolto allo sviluppo ed all’incremento delle capacità di velocità riveste nell’ambito della metodologia rivolta alle capacità condizionali un ruolo assai delicato, sia da un punto di vista programmatico che applicativo.
Senza entrare nei dettagli specifici della programmazione dell’allenamento per la velocità di corsa, possiamo comunque schematizzare almeno quattro punti fondamentali su cui quest’ultimo si basa:
– perfezionamento tecnico della biomeccanica di corsa
– aumento della capacità di forza rapida della componente contrattile della muscolatura impegnata nell’ azione di sprint
– aumento della capacità di resistenza alla forza rapida della componente contrattile della muscolatura impegnata biomeccanicamente nell’azione di corsa nel caso di velocità prolungata
– ottimizzazione dell’accumulo e della restituzione di energia elastica da parte della componente elastica seriale della muscolatura direttamente coinvolta nella dinamica del gesto.
Data la complessità e la delicata interazione esistente tra questi diversi fattori, non possiamo semplicemente pensare che un aumento della velocità di corsa possa essere ottenibile solamente attraverso la semplice ripetizione di sedute di allenamento basate sulla reiterazione del gesto di corsa effettuato alla velocità massimale; al contrario la ripetizione sistematica di tale metodologia può facilmente causare un appiattimento dell’incremento della velocità stessa.
Una delle migliori “garanzie” per l’atleta ai fini di evitare questo rischio è la diversificazione delle tecniche di allenamento opportunamente pianificate in funzione della programmazione annuale*.
- in molti sport è difficile adesso parlare di programmazione annuale in quanto i meeting o le partite sono sempre più frequenti e di conseguenza un preparatore deve constatare periodicamente le risposte fisiologiche dei propri atleti e modificare il programma di allenamento in base a stanchezza, infortuni e impegni.
A questo proposito possiamo distinguere due principali gruppi metodologici di esercitazioni specifiche:
– Il metodo assistito : ossia tutta quella gamma di esercitazioni che attraverso differenti soluzioni tecniche permettono l’esecuzione di tratti di corsa a velocità sovramassimali. Tali esercitazioni permettono sia un aumento della frequenza e dell’ampiezza dei passi (Mero e Komi 1986, Mero e Komi 1990.), che dell’attività elettromiografica (Dietz e coll. 1979; Komi 1983.) e dello stoccaggio di energia elastica (Ito e coll. 1983, Mero e coll. 1987, Mero e Komi 1987). Tale metodologia si basa sul presupposto che gli adattamenti fisiologici e biomeccanici ottenibili attraverso questo tipo di esercitazioni possano poi essere trasferiti in situazione naturale.
Il metodo resistivo : attraverso il quale si cerca di ottimizzare le capacità di forza massima e di forza esplosiva che costituiranno la base sulla quale s’innesteranno tutte le esercitazioni specifiche tendenti alla massimalizzazione della performance di sprint (Schmidtdbleicher 1985; Anderson e Kearney 1982; Atha 1981, Berger 1962 a, b.). Le esercitazioni normalmente utilizzate nel metodo resistivo sono il traino effettuato secondo diverse modalità, la corsa in acqua o su sabbia e la corsa in salita.
L’attivazione muscolare nello sprint
Una delle problematiche biomeccaniche dello sprint in salita è costituita dal fatto di dover vincere l’inerzia del proprio corpo soprattutto nella fase di accelerazione, normalmente identificata nei primi 30 mt, andando ad aumentare la sollecitazione a carico della muscolatura estensoria del ginocchio e delle anche diminuendo l’ampiezza dei passi ed aumentando il tempo di appoggio (Kunz e Kaufmann 1981). Particolare attenzione deve essere posta quindi da parte dell’atleta nel rendere massima l’ampiezza di corsa.
Dal punto di vista muscolare in questa fase sono attivamente coinvolti gli estensori delle anche, il grande gluteo, il bicipite femorale, e del ginocchio, il semitendinoso, il semimembranoso, il quadricipite femorale, il gastrocnemio ed il soleo (Chu e Korchemny 1989).
In effetti analizzando attentamente la biomeccanica dello sprint, possiamo notare come sia necessario ridurre la caduta del centro di massa dell’atleta nella fase eccentrica del movimento, ossia nella fase immediatamente successiva all’appoggio del piede al suolo : questa limitazione della caduta del centro di massa è ottenibile attraverso una forte azione eccentrica della muscolatura estensoria; tale limitazione permetterebbe una minore ampiezza del ciclo di allungamento muscolare favorendo in tal modo un aumento dello stoccaggio di energia elastica ed un susseguente potenziamento della fase concentrica di spinta (Chu e Korchemny 1989; Bosco 1997; Asmussen e Bonde Peterson 1974; Cavagna 1977).
In quest’ottica l’allenamento resistivo si colloca quindi come tipo di esercitazione specifica per l’incremento della produzione di forza da parte della muscolatura estensoria dell’anca e del ginocchio, che a sua volta inciderà positivamente sulla massima velocità di corsa sia in fase di accelerazione che di corsa lanciata.
Come calcolare la pendenza della salita
Il miglior modo per calcolare la pendenza di una salita, in mancanza di strumenti adeguati e specifici come il “teodolite”, è quello di misurare il tratto della salita che si intende utilizzare, per esempio 30 metri, alla fine dei quali va calcolata l’altezza dal punto di partenza a quello di arrivo con un altimetro ( per esempio 4 mt ). Fatto ciò si esegue un rapido calcolo:
4 mt ( altezza della salita ) : 30 mt ( i metri da utilizzare ) x 100 = 13,3%
Naturalmente dovremo preoccuparsi che tale salita presenti pendenze uniformi e terreno adeguato.
La pendenza della salita diventa fondamentale per l’allenamento poiché “un’eccessiva diminuzione della componente verticale comporterebbe infatti una marcata riduzione della fase di volo che causerebbe a sua volta una diminuzione nell’immagazzinamento e nella restituzione di energia elastica durante la fase stiramento-accorciamento (Bosco 1997)”.
Vantaggi e svantaggi dell’allenamento in salita
Da un punto di vista traumatologico è interessante notare come la biomeccanica della corsa in salita rispetto a quella della corsa in piano salvaguardi maggiormente la muscolatura posteriore della coscia, infatti durante lo sprint si ha una minore apertura del passo rispetto allo sprint in piano dal momento che ogni appoggio successivo si verifica in un punto più alto rispetto al precedente escludendo in tal modo una parte della parabola discendente e limitando di fatto i possibili rischi per la muscolatura posteriore della coscia (Arcelli, Ferretti, 1993). Un’attenta e precisa quantificazione del carico di allenamento è uno dei parametri maggiormente importanti nella programmazione dell’allenamento, la possibilità quindi di poter quantificare esattamente un aspetto importante dell’allenamento alla velocità o della potenza aerobica riveste certamente un indubbio interesse soprattutto nel caso di pianificazioni di lavoro rivolte ad atleti di alto profilo agonistico.
Purtroppo non risulta sempre così facile poter disporre di salite con la pendenza e la lunghezza desiderata per il tipo di allenamento da effettuarsi, inoltre per tutti gli atleti che soffrono al tendine di Achille tale mezzo di allenamento è controindicato.