Questo modello si basa sul presupposto che il pugile sia in grado di elaborare delle decisioni autonome rispetto le informazioni percepite durante l’attività sportiva:
Le informazioni sono fondamentalmente di 2 tipi:
1) informazioni non ricercate ottenute cioè senza ricerca attiva e che vengono integrate nel piano d’azione predeterminato dal soggetto;
2) informazioni ricercate che sono rappresentate da informazioni “attese” che l’atleta ricerca attivamente concentrando l’osservazione sui punti strategicamente più importanti.
Nel pugilato che è caratterizzato da un elevato grado d’incertezza, i limiti temporali imposti dalle azioni consentono di percepire solo ciò che viene ricercato attivamente quindi, assume particolare importanza la capacità dell’atleta di realizzare delle ipotesi previsionali.
Può accadere però che questo processo di anticipazione sia difficile da compiere a causa dei comportamenti dell’avversario che quasi sempre tenta di mascherare le sue intenzioni. Diventa perciò necessario organizzare delle strategie di seconda o addirittura di terza intenzione per preparare un’azione che è stata prevista e provocata appositamente due o tre fasi prima della sua realizzazione.
L’atleta è in grado di manipolare le informazioni essenzialmente attraverso 2 modalità:
1) camuffando le proprie intenzioni;
2) realizzando iniziative per indurre all’errore l’avversario.
Per apprendere queste modalità può essere utile inserire nel programma di allenamento i seguenti accorgimenti:
– aumentare gradualmente il numero degli stimoli;
– variare le possibili soluzioni;
– modificare il concatenamento degli stimoli;
– ridurre progressivamente il grado di compatibilità fra stimoli e risposta